Friday January 02, 2015
From il manifesto
Umbria jazz winter, la formula è vincente ma ora si deve cambiare
By: Luigi Onori
Festival. Chiusa la ventitreesima edizione della kermesse musicale. Tra omaggi a Sellani e i medley dei Doctor 3, spicca l’agile pianista Jon Batiste e la rilettura di Coltrane da parte di Joe Lovano
Top Jazz ovvero la serata per i vincitori del referendum di Musica Jazz, ha chiuso ieri la XXII edizione di Umbria Jazz Winter. Introdotti dal direttore del mensile Luca Conti, tra gli stucchi del teatro Mancinelli hanno suonato i pianisti Franco D’Andrea (musicista dell’anno, premio P.Candini) ed Enrico Pieranunzi (una vita per il jazz, premio G.C.Testoni), la vocalist Elisabetta Antonini (miglior nuovo talento, premio G.M.Maletto) e l’XY quartet. Nella ciclica ripetitività dei concerti, in programma dal 27 dicembre, si è trattata di una serata diversa: eppure la formula “seriale” tiene ed il pubblico ‘” nonostante il clima polare ‘” ha riempito il Mancinelli, il palazzo del Popolo (sale Expo e 400) e il ristorante al S.Francesco. I tagli di budget ‘” maggiore la presenza di sponsor del territorio ‘” e la perdita di alcuni spazi (sala del Carmine, Museo E.Greco) non hanno impedito a Umbria Jazz Winter di mantenere la sua posizione di rendita in una stagione che ha visto per la prima volta le edizioni invernali dei festival di S. Anna Arresi e di Roccella Jonica, ciascuno con la sua specificità .
In generale e, in particolare nei concerti tra il 28 ed il 30 dicembre, la musica ad Orvieto ha oscillato tra espliciti omaggi ad artisti, album e stili e quello che si potrebbe definire un jazz “neo-post-moderno”, repertori e nuova creazione. Tra i due estremi, peraltro sfumati, si collocano Doctor 3 ed il duo Fabrizio Bosso/Julian O.Mazzariello. Danilo Rea, Enzo Pietropaoli e Fabrizio Sferra lavorano da anni su brani jazz, pop e rock intrecciandoli a volte in medley vertiginose, impastando suoni e memorie. Non si tratta, però, di sdoganare Donovan e Sting quanto di lavorare su un immaginario sonoro diverso, complementare: di Life in Mars di Bowie si può, ad esempio, denudare la sottile melanconia ma, soprattutto, ridefinire la melodia giocando su ritmi, velocità , dinamiche, timbri.
Si crea, quindi, da materiali visibilmente noti come ha sempre fatto il jazz. La stessa operazione è praticata dalla tromba virtuosa di Fabrizio Bosso e dal piano eclettico ed enciclopedico di Julian Olivier Mazzariello. I due (Tandem è il loro recente cd uscito per la Universal) sono, però, meno eversivi di Doctor 3, più vicini alla tradizione ma il lavoro su suoni e stili è eccellente. Partiti da Gershwin sono arrivati al Bruno Martino di Estate.
Gli omaggi hanno visto quello un po’ sbiadito dell’Anat Cohen Brazilian Quartet al “choro”: scelta di brani ponderata (da Guinga a Gismonti), dimensione cameristica ma nessun guizzo alla Gabriele Mirabassi. Esclusiva assoluta per Ujw il progetto A Love Supreme 50th Anniversary, guidato dal tenorista Joe Lovano insieme al collega Chris Potter, al pianista Lawrence Fields ed al batterista Jonathan Black. Ispirato ad una registrazione della suite del ’64 con John Coltrane ed Archie Shepp, il recital ha visto la presenza del contrabbassista Cecil McBee, l’unico anagraficamente e musicalmente coetaneo di quella straordinaria esperienza. Mentre Potter ha un’impressionante padronanza tecnica del linguaggio coltraniano, Lovano lo batte in espressività ed approccia la suite con un misto di reverenza ed esaltazione.
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